Aprile 1919

 

 

 

 

Al Dilettissimo Popolo della Città e Diocesi salute e benedizione

da Dio Signore nostro e dal Figlio suo Gesù Cristo

 

 

 

C

oll’anima riboccante di gioia ci è dato finalmente di rivolgervi la parola, dopo che cessato il fragore delle armi sta per diffondersi sulla terra sanguinolenta l’aurora di pace fra le Nazioni, ed i vostri cari, deposte le gloriose divise di soldati, cominciano a ritornare in seno alle proprie famiglie.  E mio pensiero è di invitarvi a ringraziare con tutto il cuore l’amabilissimo Iddio datore di ogni bene, da cui tutto procede, e che anche nel dolore sa trovare e preparare i nostri maggiori vantaggi e conforti.  Lo so che per qualcheduno la guerra ha aperto tali ferite nell’anima che non si chiuderanno mai più; ma quel Dio che ha domandato a costoro tali sacrifici tanto grandi, ha in proporzione preparato benedizioni, che apporteranno aiuti nuovi e conforti non mai sperati.

Ed ora deve essere compito di ogni buon cristiano e d’ogni onesto cittadino il riparare nel miglior modo i danni ed i guasti sia materiali che morali cagionati dalla guerra.  E’ chiaro che per la grande famiglia umana si va preparando un’era nuova: altre idee, altri indirizzi, altre aspirazioni tengono oggi sospesi gli animi, e sembra che un assetto nuovo sia per darsi al vivere sociale.

Le idee della libertà e di uguaglianza in senso cristiano fanno capolino tra il tumultuoso agitarsi dei partiti, ed è compito vostro il far sì che trionfino.  Prima d’ogni cosa però fa di bisogno che i cristiani si rendano esatto conto dei veri bisogni della società, e della forza che sta loro in mano per potervi sopperire.

Il pregiudizio, così bene sfruttato dagli increduli, e con tanto studio propalato ed accarezzato dai socialisti, che cioè tutto il nesso della questione stia nella distribuzione della ricchezza, e nella agognata eguaglianza delle classi sociali, può far velo a molte coscienze, e preparare giorni peggiori.  Il lavoro che si impone prima di ogni altro è la formazione delle coscienze, l’educazione morale.Solo dopo aver preparati gli animi al sincero convincimento del dovere e della giustizia, ed all’amore disinteressato del proprio simile, si potrà sperare quella fratellanza tra gli uomini che assicuri la tranquillità e il benessere morale e materiale.  Ogni altro mezzo ha carattere violento, e ciò ch’è violento non può durare.

Miei carissimi figli bisogna rimettere nel debito onore la Religione: bisogna diventare schiettamente cristiani; bisogna che Gesù Cristo regni negli individui, nelle famiglie, nella società, nella scuola, nella beneficenza, nel commercio, nel lavoro. E prima negli individui.  Si richiami ciascuno alla memoria le verità eterne, le mediti attentamente, le applichi alla pratica della vita; e incominci dalla riforma di se stesso.  Quante cose non troverà, che meritano di essere tolte, quante modificate!  Molti vivono come se non dovessero morire mai, come non vi fosse un’altra vita; e non pensano che a godersi questa, senza preoccuparsi del terribile rendiconto che dovranno farne all’eterno Giudice, in un giorno forse assai vicino.  Il pensiero di un Dio che ci ha messi quaggiù per un fine molto più nobile che non sia l’appagamento dei nostri appetiti, e delle nostre ambizioni, non preoccupa che poche persone, e dai più è allontanato come importuno, e come dannoso ai propri interessi.

La stessa Legge santissima, che promettemmo di osservare da piccoli, si trasgredisce senza scrupolo; e si calcola come cosa secondaria, a cui basta rivolgere il pensiero quando non si ha altro da fare!  Eppure, anche prescindendo per un istante dagli interessi più vitali che sono quelli dell’anima; è solo da quella Legge eterna che scaturiscono i fondamenti della giustizia sociale, e senza di quella fra gli uomini non può regnare che l’egoismo, la tirannia, la forza bruta, che sono la causa di tutte le disuguaglianza ed ingiustizie di cui ci dogliamo. Oggi sono in voga le teorie socialiste, e non sono pochi i contadini e gli operai che vi si associano, senza ben conoscerle, e senza meditarle.  L’idea che la Religione sia un impedimento alla pronta ripartizione della ricchezza, ed alla più equa distribuzione dei beni, fa vacillare nella fede i più deboli: il pregiudizio che la Chiesa sia fautrice delle aristocrazie, e puntello dei latifondisti, ingenera odio al sacerdozio: il sarcasmo con cui sono accolte le verità della fede, toglie efficacia alle nostre predicazioni.

Figli carissimi, vi prego, prima di precipitare voi stessi e la società nell’abisso del disordine e dell’anarchia, dateci un po’ di ascolto.

Il credere di poter togliere dal mondo ogni disuguaglianza economica, in maniera che nessuno abbia più dell’altro, è semplicemente una pazzia, a meno che non si voglia ritornare l’uomo allo stato di schiavitù come al tempo come al tempo del paganesimo.  Sarebbe un tarpare le ali all’intelligenza, un togliere ogni eccitamento all’attività degli individui, ogni amore al lavoro.  E’ evidente che vi ha disuguaglianza fra gli individui sia nell’ingegno, sia nella forza, sia nell’indole; chi è più astuto, chi più bonario: chi più pronto, chi più tardo: chi più propenso alla riflessione, chi più spensierato.  Ora a seconda delle varie disposizioni, vi sarà sempre chi più lavora e chi meno, chi più produce, e chi non riesce neppure al necessario.

Per togliere le disuguaglianze nei beni bisognerà quindi, o trattare nella ricompensa tutti allo stesso modo; ed allora gli uomini andranno a gara per lavorare meno che possono; o negare loro il diritto alla ricompensa, e far loro dare da chi presiede alla società il necessario alla vita; ed eccovi la schiavitù più obbrobriosa.

Che se nulla di tutto questo si vuole, ma si persiste nel dire che soltanto si brama di impedire che la ricchezza si accumuli in pochi individui, che cioè si vuol far scomparire la classe dei ricchi; badate che vi si dà da intendere l’assurdo, l’impossibile.  Non è forse l’assioma favorito dei mestatori del socialismo quello di ripetere che tutto il frutto del lavoro va dato al lavoratore. Che se questo fosse vero, sarà vero parimenti che il lavoratore potrà del frutto del suo lavoro disporne come meglio crede: potrà consumarlo tutto per godersi più comoda la vita, ma potrà anche mettere in serbo una parte per gli anni a venire, per la vecchiaia, per i figli.

In questo secondo caso abbiamo subito la ricchezza che si accumula, e quindi le disuguaglianza sociali, che in questo caso sarebbero la conseguenza della sobrietà e quindi della virtù degli individui. Viceversa vi saranno sempre i buontemponi che penseranno più a gozzovigliare che a risparmiare; e costoro saranno sempre nella miseria. Vi parrebbe giusto che la gente frugale e per bene fosse spogliata del suo, per mantenere nello stato di opulenza i viziosi?

Di più vi sarà sempre chi ha maggior numero di figli e chi minore; ed è ben chiaro che anche questo fatto porterà grandi disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza, a meno che non si voglia distruggere il concetto di famiglia: perché in tal caso siamo da capo alla schiavitù la più degradante e vergognosa.  Ma già parmi sentir dire che non sono queste le intenzioni di coloro che tanto si affaticano per il trionfo della democrazia.  Si tratta solo di togliere con varie leggi l’abuso della ricchezza, e fare in modo che sia meglio distribuita tra chi lavora, con più giusto trattamento degli operai, con più largo concetto di cooperazione, con più sagge disposizioni di provvidenza per i vari casi di infortunio.

E non vi accorgete allora o miei figli, che questa è proprio la missione della religione cristiana, ed il lavoro che essa compie da secoli mira appunto a questo fine?  Perché vi lasciate ingannare da coloro che continuamente vi dicono essere la religione il puntello del ricco, contro le giuste aspirazioni del povero e dell’operaio?  Lo intendete o no che proprio per questo una gran parte dei ricchi più facoltosi e più gaudenti si mostrano od indifferenti od avversi ad ogni pratica religiosa?  Quanti ne conoscete di questi milionari o miliardari, di questi padroni di latifondi e di grandi officine commerciali, che siano veramente cristiani?  E se ve n’ha di cristiani, non è proprio vero che sono i migliori tra i padroni?

Scolpitevi altamente in cuore che la più sicura via per ottenere nel mondo la giustizia è il ritorno completo alle massime dell’Evangelo, alla dottrina di Gesù Cristo.  Per essa solo nel cuore dell’uomo domina la carità, e solo per essa si combatte l’egoismo, fonte di tutte le ingiustizie, e di tutti i soprusi, di cui si lamentano gli uomini.

Voglio sperare che non vi sia tra voi alcuno tanto semplice da credere che sia praticamente possibile l’ordinare la società umana in modo che tutto il frutto del lavoro va all’operaio, e che tutti gli uomini ugualmente lavorino. In qualsivoglia società sia pur democratica quanto volete, sarà necessario un governo; e questo governo dovrà pur essere composto da uomini, i quali per sorvegliare e dirigere gli altri dovranno essere esonerati dal lavoro manuale produttivo, e quindi dovranno vivere a spese degli altri.

Saranno necessarie delle opere pubbliche, vi saranno le pubbliche amministrazioni, i pubblici stabilimenti, ecc. tutte cose che dovranno essere iniziate e mantenute col sottrarre all’operaio parte del suo guadagno. Vi saranno i capi, i direttori, i sorveglianti, tutta gente che vivrà alle spalle altrui, secondo il linguaggio dei mestatori; e che sottraendo parte non piccola del guadagno personale, renderà sempre più assurdo il principio socialista sopra enunciato.

Non v’illuda per tanto la supposta eguaglianza fra le classi sociali, né la falsa speranza di godere il frutto delle vostre fatiche, senza oneri e gravami.  Pensate piuttosto che tali pesi saranno meno gravi, quanto più onesti, e meno esigenti per sé saranno coloro che amministreranno i pubblici poteri; e che per avere gente onesta che amministri, è necessaria la coscienza individuale, la quale non si forma che colla religione.

Sì, sì, tutto vero; continuano a dirvi i socialisti, ma intanto, se non eravamo noi che vi risvegliavamo dal vostro sonno, voi coi preti e colla religione sareste ancora nella miseria di alcuni anni addietro.  Figli carissimi, poniamo pure che ciò sia vero: ma ditemi quale ne sia la causa.  La colpa non è della Religione, né del Clero: la vera colpa è dei cristiani, che alla Religione ed ai preti non vogliono dare ascolto; e si lasciano facilmente guidare dai nemici di Dio, che dai suoi ministri.  Quante volte e da quanto tempo non vi è stata predicata la necessità di organizzazione nelle Associazioni Cattoliche?  Quante volte non siete stati invitati ad iscrivervi all’Unione Popolare? Quando comprenderete che l’unione fa la forza; e che quando i cattolici saranno organizzati in un grosso esercito, senza rivoluzioni e senza violenze si potranno ottenere quegli ordinamenti sociali che rendono veramente il benessere ai popoli?

I preti promettono, e noi facciamo: insistono questi falsi amici. Se aspettate i miglioramenti dei preti, camperete mill’anni, e non lo vedrete. Ma io vi pregherei a riflettere che per ottenere veri miglioramenti stabili, non è la violenza il mezzo più sicuro. e più adatto.  Non è il più sicuro, ed infatti, voi lo sapete quante volte, gli scioperi e gli ammutinamenti degli operai, hanno peggiorata anziché migliorata la loro condizione.  Non è il più adatto, perché non si ottiene che parzialmente lo scopo, e solo per qualche tempo, che l’aumento dei salari ben presto porta con sé un rincrudimento dei prezzi sul mercato.

E’ necessario che disposizioni generali ed obbligatorie provvedano alla equità delle paghe, alla limitazione delle ore di lavoro, ed a tutte le esigenze volute dalle giuste aspirazioni dei popoli.

E’ evidente che per arrivare in questo ci vuole un lavoro di preparazione, che sarà tanto più lungo, quanto più tarderanno i cristiani a capire la necessità di organizzarsi, non già nelle file dei Socialisti, che hanno per ultimo fine la Rivoluzione; ma dei Cattolici, che fondandosi sulle sacre leggi dell’Evangelo, vogliono il vero bene della società umana.

Vi dissi che Gesù Cristo deve tornare a regnare sulla famiglia e volevo dirvi della necessità che le famiglie ritornino ad essere veramente cristiane. Non nascondiamo le piaghe, che non è il mezzo migliore per guarirle; ma palesiamole, perché se ne conosca la bruttezza, ed il danno; e se ne cerchi il rimedio. Molte di esse sono infette fin dalla loro origine, od hanno perduto il loro carattere specifico di Cristiane.

La spaventosa corruzione della gioventù, che dovunque dilaga, è una minaccia permanente alla formazione delle famiglie cristiane. Il precoce sviluppo delle passioni sensuali, dovuto agli scandali continui a cui sono esposti i giovanetti, estingue in loro ogni senso di pudore, e li avvia a quell’abbrutimento che li conduce al libertinaggio, come ad un bisogno della vita.  Ed ecco perché molti dei ragazzi si abbandonano molto presto a facili amori, né mai si decidono al matrimonio, se prima non vi sono costretti da sopravvenuti impegni, od a scandali a cui bisogna riparare.

Non parlasi poi di quelli, che o per ragioni di studi, o di carriera, non possono subito pensare a formare una famiglia, e che si danno intanto alla vita del bordello; per essere poi più tardi o scapoli scandalosi, o padri infelici di più infelici famiglie.

Altra non meno grave sciagura è quella della donna che si sposa ad un uomo senza fede, o abituato al vino ed alla crapula, colla speranza che il matrimonio lo metta sul buon sentiero. In qualche raro caso si è visto anche questo prodigio; ma il più delle volte avviene che la casa si converte presto in un inferno, la sposa diviene una vittima, i figli una cova di malandrini.  Passati ben presto i primi giorni di mutua convivenza, cominciano i malumori ed i litigi; la sposa rimpiange i giorni della libertà perduta; il marito si trova bene soltanto quando è fuori casa; i figli assistono continuamente a delle scene selvagge di improperi e di bestemmie.

Fonte di sventura, causa di maledizione l’innominabile delitto diventato purtroppo così comune di impedire a Dio di mettere al mondo quel numero di figli che meglio a Lui piace, col vano timore di non riuscire poi convenientemente ad allevarli. Ecco o dilettissimi, i mali che affliggono la istituzione più santa che Iddio ha posto per base e fondamento della società umana: additiamone ora i principali rimedi.

Troppo si trascura l’educazione cristiana dei figli, e si è più preoccupati di dar loro una mano un mezzo per crearsi una posizione, di quello che di informarli ai sani principi di Religione.  Il mezzo più importante per riformare la famiglia è la formazione onesta e religiosa delle crescenti generazioni, il preservarle dalle influenze pestilenziali della corruzione, e dei mali esempi del libertinaggio.

La prima scuola è quella della famiglia, dove i figli apprendono le prime norme su cui regolare la vita: e se i genitori danno l’esempio di una condotta religiosamente fervorosa, e moralmente irreprensibile, lasciano nei piccoli incancellabili ricordi, che saranno rammentati con santo orgoglio, ed imitati con venerazione. Insinuate nelle vostre creature un sano pudore, che li faccia amanti della riserbatezza sia nel portamento che nella parola: avvezzateli alla fuga dell’ozio, e dei troppo prolungati trastulli: rendeteli docili all’obbedienza e pronti alla soggezione, e preparerete i migliori membri delle future famiglie.

Non lasciate ai vostri figli, giunti che siano a tredici o quattordici anni, né troppa libertà né troppo denaro; non permettete che girino liberamente dove li porta il capriccio; sorvegliate le amicizie a cui essi si danno, e vietate loro severamente qualsiasi divertimento che possa recare scandalo al loro pudore.  E’ vitale per loro che si conservino casti: e perciò impedite più che potete che si trovino in contatti lunghi ed inutili con persone di altro sesso, né tollerate che si diano ad intempestivi amori, o tengono occulte relazioni; e solo quando son giunti ad una età conveniente, fate loro capire che siete contenti che si scelgano la compagnia con cui bramano di passare la vita.

Non ostacolate la scelta che essi hanno fatta, a meno che non vi siano gravissime ragioni; anzi favoritela, e fate in modo che il matrimonio si conchiuda presto, e con quel profumo di vita onesta che lo rende sì bello.

Nella vita coniugale regni sovrano il buon accordo, e la scambievole fiducia: i mariti amino le proprie mogli di sincero affetto, si guardino dal disgustarle giammai con modi arroganti, o con titoli di disprezzo, ma facciano conoscere che la loro gioia più cara è veder contenta la propria consorte.

La moglie a sua volta non viva che per l’affetto del marito, e si guardi dal contristarlo in qualsiasi cosa: obbedisca con gioia ai suoi comandi, anzi ai suoi desideri, mostri ogni premura per la sua persona, per le sue cose, e sia quella che in tutto diffonde la gioia e la serenità; e cerchi in ogni incontro di renderlo felice.

La donna deve essere come il Sacerdote di casa; colla parola e coll’esempio ecciti tutti alla preghiera, ed alla fedele osservanza dei doveri religiosi: nelle ore liete e nelle tristi sollevi i cuori e le menti a Dio, vivendo e facendo vivere di fede tutti i domestici.  Si mostri dignitosa nelle conversazioni, non tollerando da chicchessia frasi ambigue, o scherzi confidenziali, che potessero ingenerare sospetti sulla sua fedeltà né permetta che alla sua presenza si mormori, e si riportino cose riguardanti gli interessi altrui.

Non sia curiosa, né vana; e nel portamento, nel vestire, nello sguardo, faccia comprendere che essa vive solo per il marito e per la propria famiglia.  Non si lamenti mai della fatica che le tocca fare per la custodia e l’allevamento dei figli, e se son molti, se né mostri contenta tenendoli come una benedizione di Dio.

Il marito rammenti che la donna che il Signore le ha dato, non è una serva, ma una compagna; e quindi la tenga come la sua amica più sincera e più fida, le apra il suo cuore, le manifesti i suoi progetti, le sue speranze, i suoi affanni; ne ascolti i consigli, ne apprezzi i pareri; e non faccia il misterioso, od il preoccupato.

Eccovi accennato il rimedio ai mali che affliggono la famiglia; e persuadetevi che se essa torna cristiana, ci darà ancora per frutto una società migliore.

Sì, o amati figlioli, la società umana non sarà migliore se non torna a seguire le massime della vita cristiana. Le Nazioni Latine sono invase da una epidemia pazza di irreligiosità, e per questo si dibattono fra le spire della rivoluzione e dell’anarchia; ed i germi di questo male li hanno attinti proprio da quelle nazioni che oggi riguardano come loro nemiche.  La guerra pur ora combattuta ci ha dato la prova di ciò che sanno fare i popoli per liberarsi dal servaggio di temuti invasori; voglia il cielo che con la stessa energia e risolutezza infrangano anche le vergognose catene di cui quegli invasori stessi ne hanno stretto i cuori e le intelligenze.

L’Italia, la Francia, la Spagna furon grandi per la loro fede cattolica; e gli splendori di quella ne hanno illuminato il glorioso cammino attraverso i secoli.  La poesia e l’arte, la scienza e l’industria, la giustizia e la carità attinsero dalla fede l’ispirazione e l’impulso: ce ne fa fede la storia.  Oggi, si tenta invano di nasconderlo, stiamo facendo il cammino a ritroso; e per quanto con vuoti paroloni su stereotipati manifesti si decanti il radioso cammino dell’Umanità verso sconosciuti ideali, sta però il fatto che noi siamo in ribasso.  Basti solo il constatare come per alcuni l’unico culto sia lo Stato, che si vuole onnipotente padrone; mentre per gli altri lo si vuole distrutto per sostituirvi la cosiddetta internazionale, che in fondo altro non è che l’anarchia.

Nell’un caso e nell’altro è violentata la libertà umana, che pur tanto si decanta e si vuole; e l’uomo quanto meno è libero, è tanto più sulla via del regresso e della barbarie.  Si parla continuamente di democrazia, di autodecisione dei popoli; ma per contrario si adoperano tutti i mezzi per sottrarre agli individui, alle famiglie, alle associazioni ogni libertà di azione e di iniziativa; tutto si vuol regolare secondo la volontà del partito che sa imporsi: le così dette maggioranze; che altro non sono il più delle volte che il risultato della violenza e dell’intrigo, trascinano dietro il loro carro trionfale la scuola, la beneficenza, l’industria, la scienza, il lavoro.  Sarà progresso questo?  La dignità umana ne avrà vantaggio?  Lo giudichi chi ne ha fior di senno.

La libertà vera non può essere che il risultato della moralità ben intesa; e questa non si può avere che dalla rettitudine di coscienza. La coscienza ha bisogno di principi immutabili su cui regolarsi, e questi non possono aversi senza il convincimento di una Legge eterna, che sfugge al controllo dell’uomo, e non muta col mutar delle vicende quaggiù. La dottrina che oggi si vorrebbe innalzare alla dignità di principio, che cioè le leggi della moralità sono il risultato dello svolgimento progressivo della educazione dell’uomo, indipendentemente da ogni legge soprannaturale, oltre che essere storicamente falsa e logicamente assurda, è socialmente disastrosa.  Storicamente si sa che ogni popolo civile ha fondato i principi d’ogni sua legislazione sulle rivelazioni delle divinità: Babilonesi ed Assiri, Egiziani ed Orientali, Greci e Latini, hanno riconosciuto dal cielo i fondamenti della loro morale.  Logicamente gli effetti non sono mai maggiori delle cause, e quindi non può la barbarie produrre la civiltà, né la demoralizzazione derivare da sé la moralità, come dall’ignoranza non può provenire la scienza.

Socialmente poi è fatale l’insegnare che l’uomo si crea da sé i primi principi della legge morale, perché in tal caso ognuno si crederà libero di mutarli a seconda dei propri gusti e delle proprie passioni.  E’ assodato pertanto che non il liberalismo col suo stato onnipotente ed areligioso, non il socialismo colla sua morale dipendente dal benessere materiale, arriveranno a darci la vera tranquillità dell’ordine; ma solo il ritorno sincero alla vita cristiana, fondata sulla carità, e fonte di vera libertà, e di schietto progresso.

Ritorni Cristo ovunque: ecco l’aspirazione d’ogni anima libera, ecco il compito di quanti amano davvero la famiglia, la patria, il bene dell’Umanità; ecco il lavoro che s’impone oggi a tutti i Cattolici.

Miei amati figlioli, io conchiudo.  Ciascuno di voi faccia oggi stesso il proposito di incominciare davvero a vivere secondo gli insegnamenti del Santo Evangelo, e della Chiesa, fuggendo il vizio e praticando la virtù; osservando la divina Legge, santificando la festa, manifestando francamente la propria fede.  Siano cristiane le famiglie nel costume e nella pratica della vita.  Non lasciamoci imporre il giogo dai nostri nemici, col continuare ad essere una forza disgregata ed inerte; ma organizziamoci in un esercito pacifico ma poderoso, iscrivendoci tutti alle Cattoliche Associazioni, e prima di tutto all’Unione Popolare, formandone un gruppo in ogni parrocchia, che nella ferrea disciplina risponda ai comandi della Giunta Direttiva; ed il grande problema sociale avrà in breve il suo pieno, pratico e giusto scioglimento.

Dio benedetto vi illumini ad ascoltare questi miei avvisi, e vi aiuti a metterli in esecuzione, mentre con tutto il cuore vi benedico.

 

                                                                                        X CARLO Vescovo

 

 

1   Matteo 10, 16.

2   Matteo 28

3   Matteo 5, 13-14

 

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