14 Febbraio 1917

 

 

 

Ai Venerabili Fratelli Sacerdoti

 salute e benedizione.

 

 

D

innanzi allo spettacolo raccapricciante di una lotta che si prolunga con tanto sciupìo di vite umane; dinnanzi alla scena commovente di tanti dolori domestici, di tante irreparabili lagrime; con la prospettiva di privazioni e di stenti che rendono così difficile la vita, che faremo noi miei fratelli Sacerdoti? Quale è il compito nostro in quest’ora triste, preludio di giorni non meno amari? Non mai così bene ci convengono le parole del profeta che la Chiesa ci ricorda nel dì delle Ceneri: Inter vestibulum et altare plorabunt Sacerdotes ministri altaris: parce Domine parce populo tuo, et ne des hereditatem tuam in perditionem (fra il vestibolo e l’altare piangeranno i sacerdoti ministri dell’altare: O Signore risparmia  il tuo popolo, e non dare la tua eredità alla perdizione)!1

E perché le nostre lagrime non siano infruttuose, è necessario più che mai che la nostra vita sia tale da renderle degne di considerazione dinnanzi agli occhi di Dio. A noi, o Fratelli, più che a qualunque altro apparisce chiarissimo il castigo che Iddio infligge all’umanità che si è ribellata al suo Sovrano dominio; noi comprendiamo benissimo che per la stragrande quantità dei delitti degli uomini, pesa sul nostro capo la mano dell’Onnipotente. Sappiamo inoltre che è compito nostro, come un giorno lo fu di Mosè, di sollevare al cielo le nostre mani consacrate, per sospendere la vendetta dell’Eterno che scende minacciosa; e per scongiurare quei mali di cui pur troppo si è reso meritevole il popolo. Ma bisogna prima che noi vediamo attentamente se le nostre mani sono pure; se la nostra preghiera parte da un cuore che veramente comunichi con Dio: se la nostra vita sia quella che meriti dal Signore la sua misericordia.

Ed è per questo, o carissimi Confratelli, che io mi sento il dovere all’entrare della Quaresima di rivolgere prima a Voi la mia povera parola di Vescovo, non già perché io pretenda di fare da maestro a voi che e per esperienza, e per zelo, e per pietà mi potete fare scuola; ma perché il mio dire sia come uno svegliarino che richiami cose ben note, e sprone a continuare nella via incominciata.

Voi vedete, Fratelli, come la prova non ha migliorato le nostre popolazioni: voi vedete come dilaga il vizio, e l’incredulità e la bestemmia vanno estendendo il loro nefasto dominio. Quali ne sono le cause? E fra le tante che se ne possono addurre; non sarebbe forse una anche la tiepidezza nostra nel divino servizio? La nostra fede è così viva ed operosa da poter dire che noi risplendiamo come fiaccola nel Santuario, a diradare queste fittissime tenebre di ignoranza e di vizio che hanno ravvolto il popolo di Dio?

O Sacerdoti veramente santi, io vi ammiro. Voi che dal giorno in cui è scoppiato quest’uragano di distruzione e di morte, non avete avuto più un’ora di pace, e moltiplicando le preghiere e le vigilie dinnanzi al tabernacolo santo non cessaste di implorare pietà: e con zelo raddoppiato anzi centuplicato avete cercato di condurre a Dio il popolo e di distoglierlo dalla colpa, e di indurlo alla penitenza; Voi, che lasciato in disparte ogni benché lecito sollievo, non siete più stati visti ad altro intesi che all’altissimo vostro ministero di riconciliazione e di perdono; Voi, che con viscere di misericordia vi siete continuamente sacrificati per sollevare le miserie e asciugare le lagrime dei vostri figli spirituali; voi siete degni di tutta l’ammirazione e di tutti gli encomi! Oh l’esempio vostro sia quello che scuota i pochi pigri, i pochi infingardi: e serva di stimolo reciproco affinché tutto l’ordine Sacerdotale brilli di purissima luce! Se in ogni tempo è necessario che il Clero risplenda per santità di vita, chi non vede come oggi più che mai fa d’uopo che esso ne dia la più manifesta prova?

Animo pertanto, o Fratelli: preveniamo l’aurora nel correre ai piè degli altari; e la nostra preghiera fin dalle prime ore del giorno salga pura al trono dell’Altissimo: invogliamo i fedeli a raccogliersi ai piedi di Gesù: mostriamo loro col fatto come ogni nostra fiducia è riposta nel Signore, e come da lui aspettiamo la salvezza.

Al fervore della preghiera aggiungiamo lo spirito di penitenza.

Pur troppo imperiose necessità hanno reso estremamente difficile il campare la vita; e nelle case del povero si affaccia pauroso lo spettro dell’indigenza. Se dividere col meschinello il proprio pane, è stata sempre l’opera più santa del clero: oggi è diventata la prima. Lo so, lo so o fratelli: anche sul desco del prete è diventata oramai scarso il pane: e sarebbe irrisione incitarvi alla frugalità, mentre tante volte manca anche il necessario. Il Sacerdote però non deve mai dimenticarsi che egli è mandato ai popoli per aver per loro viscere di madre; e come la madre dimentica se stessa pei figli; così egli deve con lo stesso disinteresse dividere il suo scarso alimento con quei figli che ne hanno maggior bisogno. Ed è perciò che vi raccomando specialmente che siano aboliti i pranzi delle feste, e qualunque altro pranzo solenne durante questo tempo di prova.

Alla mortificazione ed alla carità aggiungiamo lo spirito di fede. Purtroppo il susseguirsi di avvenimenti luttuosi e di dure privazioni ha in molti cristiani indebolito la luce della fede: e molti sono rimasti dubbiosi dinnanzi al cataclisma sociale che travolge quasi l’intiero mondo. A scuotere vieppiù dai suoi cardini le credenze Cristiane si aggiunge la bestemmia dell’incredulo, che da empi giornali o da cattedre di pestilenza nega la Provvidenza e la deride.

E’ compito nostro in questi istanti richiamare alla mente dei fedeli quei principi immutabili che sono di conforto supremo: dite, oh dite alle spose piangenti e tremanti sulla sorte dei mariti e dei figli che Dio veglia su di loro e sui loro cari; che nulla quaggiù si compie che non sia preordinato dalla infinita sapienza di Colui che fortiter et suaviter disponit omnia2 (con forza e con dolcezza dispone tutto) . Dite che le lagrime e gli stenti sono registrati a caratteri d’oro negli eterni volumi; e che nulla sfugge all’occhio vigile e paterno di Dio. Dite che se nel giusto suo sdegno egli ha messo mano ai flagelli per punire l’umanità ribelle che l’ha voluto cacciare dal suo seno: non ha cessato e non cessa però di accogliere le suppliche di chi a lui ritorna pentito: convertimini ad me, et ego convertar ad vos (volgetevi a me ed io mi volgerò a voi)!3

Dite che se si vede con ribrezzo e con isdegno tribolato ed oppresso chi è meno colpevole, mentre l’infedele ed il malvagio gode e gavazza anche in mezzo al duolo universale; non significa già che Dio si sia scordato dell’uomo; né che l’abbia abbandonato al suo triste destino. Il malvagio che oggi gode è riserbato alla vendetta del domani: e quando i buoni avranno espiato la loro parte di colpa, muterà la faccia delle cose, e sarà fatta giustizia. Cercate o fratelli di far bene comprendere che pur troppo hanno peccato e peccano anche i buoni. Mettete in mente al nostro popolo che chi dice di esser giusto, e tale si crede, è mendace: che dinnanzi agli occhi purissimi di Dio anche le colpe che a noi sembrano leggere, rivestono spesso una grande malizia, per l’abuso specialmente che noi facciamo delle grazie particolari di cui ci è larga la sua misericordia. Fate conoscere come il raffreddamento nel bene, la poca cura di attendere agli interessi dell’anima; la nessuna premura di istruirsi nelle cose che riguardano la fede: la trascuranza delle prediche e dei sacramenti, sono segni ben chiari che ci siamo allontanati da Dio, e che meritiamo da Lui tutt’altro che misericordia.

Ponete, o fratelli, ogni vostra sollecitudine nell’attirare i fedeli affidati alle vostre cure alla frequenza dei Sacramenti: cercate di invogliare le anime della S. Comunione. Solo con questo mezzo si potrà mettere un argine alla indifferenza ed alla tiepidezza nel bene che è la piaga della società cristiana ai nostri tempi.

Miei venerabili Sacerdoti, lasciate che io vi parli col cuore: e le mie parole accettatele come la parola stessa di Dio! Io non posso fare a meno di dirvi colle lagrime agli occhi che è necessario, assolutamente necessario da parte vostra il più grande spirito di sacrificio. Voi vedete come il nostro Clero per numero è diventato insufficiente al bisogno: voi vedete come bisogna moltiplicarsi affine di supplire alle impellenti necessità delle anime. Oh è venuta l’ora in cui bisogna assolutamente dimenticare il riposo: la potenza d’inferno ha scatenato contro di noi e dell’opera nostra tutta la sua violenza. I nemici di Dio non trascurano alcun mezzo per togliere alle anime anche l’ultimo avanzo di religione: ed il loro assiduo lavoro pur troppo non è del tutto infruttuoso. Se vogliamo salvare la greggia che il Signore ha posto sotto la nostra tutela, non dobbiamo affatto accontentarci di fare quello che ci tocca per stretto obbligo: bisogna che nostra regola sia lo zelo illuminato, perseverante, instancabile.

Non dobbiamo più guardare a quello che ci tocca fare: ma piuttosto a quello di cui abbisognano le anime.

Mi fa proprio tremare il pensiero che malgrado tanti impellenti bisogni vi sia fra i preti ancora qualcheduno che non predica, non confessa, non fa la dottrina; mi fa tremare anche più il sentire che la condotta di qualcheduno non è all’altezza della sua divina missione. Mi è di sommo sconforto il vedere come le raccomandazioni del Vescovo sono da alcuni pochi messe in un cale, se pur non sono disprezzate: Chi si scusa in un modo chi nell’altro: ed intanto quello che più urge è trascurato! Fa proprio pietà il constatare che in alcune parrocchie i bambini anche grandicelli non sanno nemmeno il Padre nostro! La spiegazione del catechismo agli adulti che pure è di strettissimo obbligo in alcuni luoghi o non si fa del tutto, o la si fa ben di rado: la stessa spiegazione del Vangelo, che pure è l’unica forma di predicazione, diremo così, tradizionale, si omette da qualcheduno per futilissimi motivi. E così abbiamo una ignoranza in una parte del popolo che è qualche cosa di impressionante. Le idee più errate, le superstizioni più volgari si diffondono tranquillamente in certi paesi: e all’indomani, se qualche apostolo dell’errore metterà piedi in quei luoghi, avremo l’apostasia in massa, ed il completo abbandono della vita cristiana.

Oh chi può misurare la responsabilità spaventosa che si assumono questi pastori sonnolenti, i quali non sentono il ruggito della bufera infernale che sta per iscatenarsi sul capo del loro gregge!

Dio volesse che la mia parola fosse presa in buona parte, e si scuotessero questi infelici dal loro sonno! Ma pur troppo, lo prevedo, questa mia lettera non farà che suscitare malumori, e dar motivi a mormorazioni. Ad ogni modo è il mio dovere che io compio: e lo sa Iddio se mi strazia l’anima il doverlo fare.

Il conforto mio, è il sapere che la maggior parte dei Parroci compie santamente il suo officio, e che per essi la mia parola non è di peso, sapendo che non è a loro rivolta. Ed a questi io raccomando la santa perseveranza; raccomando di affaticarsi sempre con maggior lena perché nelle loro parrocchie sia viva la fiaccola della pietà cristiana e si stringano sempre più i fedeli nell’affetto a Gesù ed alla Chiesa.

Rinnovo poi a tutti la calda preghiera di eccitare i fedeli ad iscriversi alla Unione Popolare che sarà la nostra salvezza in un domani non lontano. Mi duole il constatare che non si siano ancora in molti luoghi istituiti i gruppi Parrocchiali. Vi torno a dire: cercate di trovarne almeno due o tre in ogni parrocchia di questi uomini di buona volontà: o almeno voi, o Sacerdoti, iscrivetevi con loro alla Unione Popolare!

Raccomando poi a tutti di predicare molto sulla santità del Matrimonio, e sulla necessità di prepararvisi colle debite disposizioni. L’immoralità negli amoreggiamenti è la piaga fatale che ci prepara delle famiglie tutt’altro che cristiane. E’ impressionante più che mai il numero di quei disgraziati coniugii che chiedono la dispensa per essere celebrati senza la solennità delle pubblicazioni perché pur troppo v’è di mezzo lo scandalo! Carissimi Parroci, ditelo al vostro popolo, e ripetetelo a voce alta che la benedizione di Dio non può scendere su quegli sposi che non portano all’altare nel dì delle nozze la bella aureola di una vita innocente, e che si preparano senza dubbio una sposa infedele quegli uomini disgraziati che non hanno saputo rispettarne l’onestà nel tempo degli amoreggiamenti.

Alzate anche spesso la voce sull’abbandono in cui vengono lasciati i figliuoli da tanti genitori senza coscienza; sullo scandalo enorme che si dà dagli adulti col linguaggio nefando della bestemmia e del turpiloquio. Non istancatevi mai di predicare e di esortare i popoli perché ritornino sinceramente a Dio. Procurate infine di cooperare colla Autorità civile in ogni maniera per rendere meno disagiato il momento che scorre, e perché non manchi nel popolo quella fiducia serena in Chi ci governa, che sola è auspice di giorni migliori, e d’una prossima fine vittoriosa al nostro conflitto.

E Dio pietoso Vi sia largo di ogni sua benedizione nell’adempimento del vostro arduo ministero.

 

X CARLO Vescovo

 

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