L’umiltà e la semplicità in Carlo Liviero

Dice S. Bernando: “L’umiltà è fondamento e custode delle virtù. Senza umiltà, infatti, non può essere alcun’altra virtù in un’anima. Anche se essa possiede tutte le virtù, tutte verranno meno se viene meno l’umiltà. Gesù stesso venne ad insegnarcela sulla terra con il suo esempio e volle che specialmente in essa noi cercassimo d’imitarlo: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29).

Umiltà e semplicità sono due virtù che caratterizzano profondamente il beato Carlo Liviero. Sono due aspetti in una persona che si completano a vicenda. E’ difficile che l’una sussista senza l’altra. Noi, superficialmente siamo tentati di confondere la semplicità con il semplicismo, anzi spesso ci sembra che la semplicità sia la caratteristica delle persone “da poco”.  Ma, poiché la semplicità non è puro adeguamento a uno schema o a un modello, è necessario essere molto intelligenti per essere semplici.
Di più, la semplicità può nascere solo interiormente, necessita quindi di una profonda conoscenza di sé e di un’immensa fiducia in Dio, l’Essere semplice per eccellenza.
Sfogliando le testimonianze o gli scritti di Carlo Liviero notiamo come, sia nelle difficili situazioni della vita come nei momenti di “gloria”, egli non si sia mai discosto minimamente dal suo essere  semplice e umile, direi quasi schivo da ogni complimento.

Le fonti da cui attingiamo che il beato Carlo Liviero era umile e semplice, sono soprattutto le testimonianze delle persone che l’hanno conosciuto.
Le testimonianze raccolte intorno alla famiglia di Carlo Liviero insistono sull’umiltà e la semplicità dei genitori del beato, umiltà e semplicità rese “nobili” dalla dignità e dalla coerenza del loro stile di vita. Carlo Liviero può ispirarsi nella sua formazione a questi due modelli, anzi il suo stile di vita ne calcherà fedelmente le orme.

I biografi sono concordi nel riconoscere la sua brillante intelligenza che si manifestava sì nel rendimento scolastico, ma anche in ogni sua azione.
Eppure anche nei suoi sogni di bambino non insegue brillanti carriere, anzi “ egli, con la sorella Ernesta, sogna di andare, poveri di tutto, lui ad annunciare la Buona Novella, lei a preparare una fetta di polenta e un bicchiere d’acqua pura all’operaio apostolico” .(cfr. Frutti di un apostolo” Arch. Centro studi Carlo Liviero - 1913)
Le persone che l’hanno conosciuto da giovane sacerdote lo definiscono un grande predicatore, eccellente, uno dei migliori del suo tempo nella diocesi di Padova, eppure rimaneva semplice, non ostentava importanza. Si faceva capire da tutto il suo uditorio, perché usava un linguaggio accessibile, anche se si coglieva una grande profondità di fede e di pensiero.
Sapeva aiutare altri sacerdoti a preparare le loro omelie. Don Angelo Loser che fu cappellano a Gallio (VI), arciprete Don Carlo Liviero (1890-1900), testimonia: “In Carlo Liviero oratore c’era la sublimità del pensiero e la semplicità della forma…Alla sua scuola ho imparato di tutto, specialmente a fare il parroco….Le sue omelie parevano improvvisate, ma erano preparate nel suo animo ricco di pietà e di un’ardente fede…Era di una profonda umiltà: offeso non se ne risentiva, minacciato non si alterava. Scherzava semplicemente e senza vergogna sulla sua poco simpatica esteriorità.”
L’umiltà non è umiliazione, non è disprezzare le proprie capacità, ma è riconoscere con serenità, sincerità e gratitudine la nostra situazione e i doni che il buon Dio ci ha elargito. E’ amore per la verità. Amore, verità e umiltà sono tre facce di una stessa medaglia. L’umiltà sta a fondamento della vita spirituale. In Liviero queste tre componenti sono evidenti.
Mons. Vincenzo Pieggi, suo segretario per 10 anni testimonia: “Nonostante le sue molteplici qualità di ingegno, di intelligenza, di prontezza di spirito, di cultura, non assunse mai atteggiamenti di vanità e di superbia. Scherzava sui riconoscimenti che riceveva, sviando abilmente il discorso dalla sua persona. Nei suoi successi oratori, pastorali, si notava che era interamente soddisfatto del bene compiuto, che attribuiva tutto alla grazia di Dio, e non se ne vantava mai… Accettò sempre i consigli dei suoi collaboratori, senza dimostrarsi ostinato nel sostenere i suoi punti di vista. Si fidava dei suoi collaboratori. Parlava anche con me, ascoltandomi a lungo, durante i pasti e i lunghi viaggi in automobile.”.

S. Agostino parlando dell’umiltà fa una sottolineatura molto interessante e dice: “Attraverso l’umiltà l’uomo non si abbassa al disotto della propria condizione, ma si riconosce per quello che è, cioè riconosce la propria condizione di peccatore. Questa disposizione d’animo rende l’umile aperto all’azione divina e capace di giungere con Cristo alla vera grandezza”.
Per Liviero stare in mezzo alla gente, fermarsi per strada ad ascoltare i problemi per consigliare, incoraggiare, sostenere, recarsi in duomo molto presto la mattina per offrire attraverso il sacramento della riconciliazione, la misericordia del Signore, non era diminuire la sua dignità di sacerdote e di vescovo. Mons. Pompilio Mandrelli, testimonia: “Ho sempre considerato un grande esempio di umiltà quel dedicarsi in Cattedrale al ministero della penitenza in un confessionale e quasi quotidianamente. Per lunghe ore egli esercitò questo suo ministero con grande affabilità e grande concorso di fedeli”.
Proponeva come modelli ai giovani santi senza doni particolari, santi comuni, che tutti potessero imitare:“aveva una speciale devozione per santa Teresina, perché, diceva , era una santa semplice, che non aveva fatto nulla di straordinario, ma solo aveva fatto bene il suo dovere e ce la  portava come esempio” “uomo senza complimenti ma raffinato di sentimenti”( Sinnati Virginia)
La semplicità acuisce la sensibilità: è necessario aver una mente semplice e un cuore sensibile per essere attenti all’altro.  Sono  la semplicità e l’umiltà che hanno fatto di Carlo Liviero il padre dei poveri, il samaritano attento alle sofferenze di chi gli viveva accanto.
Nella sua semplicità mette radici profonde la fede nella Provvidenza che fa di lui il gigante dell’azione. Nessuna impresa fu per lui ardua quando l’ebbe maturata nella preghiera  e riconosciuta utile alle anime (Mons. Enrico Giovagnoli)

Apre nel 1915 un Ospizio per accogliere i bambini bisognosi figli dei soldati che si trovano al fronte per combattere. Liviero è per loro come un padre, li ascolta con amore, comprensione, ma soprattutto si fa piccolo, come Gesù nel Vangelo, per attirare le loro confidenze. Sr. Elena Mezzasoma, Piccola Ancella che presta servizio come infermiera scrive: “Liviero colpiva per la sua umiltà quando veniva da solo tutti i giorni al suo Ospizio e si intratteneva affabilmente con i bambini come un padre, interessandosi di tutti, sia della loro salute fisica come di quella dell’anima”. …Sembrava godere solamente quando poteva donare il pane, il tetto, il vestito e la tranquillità all’orfano alla vedova, al povero di cui veniva a conoscere le necessità (Madre Beniamina)

Vuole che anche le sue Suore, le Piccole Ancelle del S. Cuore si considerino piccole e ultime tra le Congregazioni religiose. Lo indica anche nel nome, chiamandole “serve”, un termine che racchiude tutto un programma di vita, all’insegna dell’umiltà e della semplicità. Lo sottolinea nella lettera che scrive a Benedetto XV perché approvi la nuova fondazione: “Una congregazione di donne che, fatta piena oblazione di sé, si prestino a tutte le opere di cristiana carità..”Alle prime suore, il giorno della Vestizione religiosa dirà: “Piccole serve voi siete, venute a portare l’opera vostra non tra lodi ed encomi, ma fra l’umiliazione e il disprezzo. Minime reputatevi fra tutte, liete di lavorare per Gesù in umiltà e obbedienza”. 

C’è grande bisogno di semplicità e di umiltà in questo tempo in cui tutto sembra complicato e fare paura. La semplicità è la vera sfida del futuro. Carlo Liviero lo aveva compreso. La sua vita semplice gli permette di concludere il suo cammino terreno con un inno di gratitudine e di lode “Te Deum laudamus”.



 

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